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Sono anni importanti quelli che scorrono su queste vecchie pagine ingiallite sotto lo sguardo sempre attento del cronista, che spesso ci descrive il mondo spensierato - per chi poteva spensierarsi - di quella che viene definita Belle Époque. Sono note di costume a suggerire lo spiraglio dello straordinario quadro di questa Pisa postunitaria e dalla loro lettura affiora una trama varia e compatta di rapporti che movimentavano circoli e salotti privati frequentati da personalità del mondo politico, da esponenti dell'allora casa regnante (spesso presenti nella vicina tenuta di San Rossore), dalla nobiltà locale, da intellettuali, da artisti del calibro di Pietro Mascagni, di Trilussa, di Giacomo Puccini, di Arturo Toscanini, o dei pittori Amedeo Lori, i fratelli Francesco e Luigi Gioli, Adolfo Tommasi e dalla ricca borghesia ebraica pisana (Pontecorvo, Sonsino, Di Nola, Nissim, Monselles, Pitigliani ecc.), generalmente di origine laziale, che, allora, risiedeva in città e che era impegnata, per la maggior parte, nella produzione di tessuti, detti 'bordatini" o nel commercio minuto.